<<<   home       >>>  

IL TEMPO FOTOGRAFICO

 



3. Il tempo fotografico
A J. Kounellis

Tra la fine del 1969 e l�inizio del �70 a Roma si tenne una mostra, Vitalit� del negativo, in cui Kounellis esponeva: in un grande spazio neutro, un pianoforte, e due volte al giorno, un pianista suonava per alcune ore un pezzo del Nabucco di Verdi, in parte modificato, sicch� il motivo ritornava ossessivamente. Fotografare il pianista mentre suonava non significava nulla; al pi� poteva essere una documentazione per Kounellis; allora mi sono messo dalla parte opposta al pianista e ho cercato, da quel punto fisso, di riprendere la sala. Volevo rendere il senso della ossessione della musica che di continuo ritorna, e insieme il senso del tempo musicale, che � antitesi al tempo fotografico. Foto dopo foto, mentre l�immagine resta immobile, perch� sono sempre rimasto nello stesso punto e i movimenti del pianista cos� piccoli in un grande spazio non sono percepibili, la musica andava e tornava stringendomi in una specie di cerchio. Il risuolato � stato un intero rullo di trentasei fotogrammi in pratica identici, trentasei non per una scelta, ma perch� gli scatti che la pellicola concede sono proprio trentasei. Nella stampa a contatto i numeri incisi sul bordo del film corrono via lungo l�immagine immobile l�uno dopo l�altro: se non ci fossero si potrebbe pensare a trentasei foto ripetute. L�unica cosa che muta, che scorre sono i numeri: non una sequenza di comodo, ma una realt� di linguaggio. Il tempo, cio�, acquista una dimensione astratta, nella fotografia non scorre naturalmente, come accade nel cinema o nella letteratura: sullo stesso foglio, nello stesso istante coesistono tempi diversi, al di fuori di ogni constatazione reale. � l�immobilit� pi� efficace di qualsiasi movimento effettivo, � l�ossessione della immagine ripetuta a far emergere la dimensione del tempo fotografico.