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LA BIENNALE

La mia attività ufficiale di fotografo è cominciata con la Biennale di Venezia del 1954. Allora non avevo nessuna pratica, e nessun’ arte. Ero partito da Milano con Mario Dondero senza una ragione precisa tranne che la voglia di avvicinare questo mondo in una maniera più coinvolgente. Per questo genere di operazioni, la macchina fotografica è la più adatta, perché, e la cosa valeva allora soprattutto, quando uno ha una macchina fotografica, riesce quasi sempre a passare ed entrare dappertutto … Inoltre c’erano pochissimi fotografi alla Biennale, e quei pochissimi erano desiderati dai pittori che stavano volentieri al gioco: tutto era condotto con una certa ingenuità sia da parte loro che nostra. In un certo senso il mio atteggiamento di allora era utilitaristico: mi servivo degli avvenimenti, delle persone per allargare il mio raggio di azione, e anche il mio potere. Fotografavo senza nessuna intenzione di capire che cosa stava accadendo, e succedeva sempre qualcosa. Allora si credeva molto a questi avvenimenti; sia io come fotografo che gli artisti stessi che il giro che sta intorno agli artisti, prendevamo sul serio la Biennale in un modo molto genuino, come gran festa per tutti: il piacere di andare a Venezia, che era non indifferente, il piacere di incontrare gente nuova, di vedere cose nuove, di assistere a qualcosa di veramente importante. Il mio lavoro consisteva nel cercare di dare un’idea di questa festa. Della Biennale del ’56 ho perso tutti i negativi, li lasciai troppo in acqua e si sciolsero, ma con la Biennale del ’58, e poi in quelle del ’60, del ’62, del ’64, ho sempre più precisato l’aspetto festoso dello stare insieme, del guardare, dell’esibire e dell’esibirsi, che nei pittori non mancava di aspetti auto pubblicitari. Fotografavo tutto: non solo quelli che mi sembravano gli artisti più notevoli o le cose importanti: non che mancasse la volontà di scegliere, ma sentivo che il mio non poteva essere un atteggiamento da critico, non c’era da capire qualcosa in particolare, non c’era da fare qualcosa quanto da registrare. Con l’edizione 1964 la Biennale ha toccato il suo vertice, per importanza, poi è cominciato il declino: nel ’68, la contestazione, la polizia che pesta i pittori, ha assunto un valore indicativo, di fine. La mia ultima foto, in un certo modo, è quella di un pittore trascinato via da un gruppo di poliziotti sotto i portici del caffè Florian, in un ammasso di elmetti, di manganelli.-

LA BIENNALE da “LA FOTOGRAFIA”
fotografie e testi Ugo Mulas – a cura di Paolo Fossati – Giulio Einaudi Editore- Torino 1973